L’EPS (polistirolo espanso sinterizzato) è tra i materiali plastici meno presenti nei mari, eppure tra i più demonizzati. È tempo di guardare ai dati e non alle impressioni.
A dispetto di percezioni fuorvianti basate sulla semplice conta visiva degli oggetti, i dati scientifici lo collocano tra i materiali con minore incidenza nelle acque e sulle coste.
A confermarlo sono numerosi studi, tra cui una rilevante ricerca condotta dal Ministero dell’Ambiente e dell’Alimentazione della Danimarca insieme all’Agenzia Nazionale della Pesca. Analizzando i rifiuti presenti sulle coste del Mar Baltico, lo studio ha evidenziato che, sebbene l’EPS rappresenti circa l’11% dei rifiuti in plastica per numero, la sua presenza in peso effettivo non è superiore all’1 %. In paesi come Germania, Svezia, Estonia e Finlandia la percentuale scende addirittura sotto l’1%.
A questo va aggiunto che L’EPS, grazie alla sua leggerezza e alla naturale galleggiabilità, non si deposita sui fondali ma resta in superficie, rendendone più semplice il recupero sia dai mari che dalle spiagge. È anche facilmente riconoscibile per forma e struttura, tracciabile lungo tutta la filiera e quindi selezionabile e gestibile in modo efficiente. Tutte queste caratteristiche, unite alla possibilità di essere riciclato al 100%, contribuiscono a rendere l’EPS un materiale sostenibile, già oggi perfettamente integrato nei modelli di economia circolare.Anche in Italia, secondo stime AIPE (Associazione Italiana Polistirene Espanso), i dati risultano in linea: “I dati dimostrano chiaramente che l’EPS non è tra i materiali plastici responsabili dell’inquinamento sottomarino – dichiara Giuseppe Rinaldi, Presidente di AIPE – Il fatto che sia leggero e visibile ha alimentato un pregiudizio, ma in termini di impatto reale pesa pochissimo. Serve cambiare il paradigma di misurazione: non contare gli oggetti, ma valutarne l’effettivo contributo in peso”.